Copperman

Copperman recensione

Copperman

Il film sarà proiettato all’interno dell’evento Aspie Saturday Film, che si tiene presso la sede di Roma di CuoreMenteLab. Clicca qui per prenotare gratuitamente.

Anselmo è quello che si dice un bambino speciale. Dotato di grande fantasia e sensibilità, è emarginato dai suoi compagni di classe, ma trova conforto nell’osservare la lavatrice in funzione, nella regolarità delle forme circolari, nei colori e soprattutto nei fumetti dedicati ai supereroi. Anselmo, che vive con sua madre Gianna, è convinto che suo padre – che li ha abbandonati alla sua nascita – sia in realtà un supereroe, partito in missione per salvare il mondo. Il bambino trova una grande amica in Titti, una bambina quasi speciale come lui; Titti, però, ha un padre violento e pericoloso, che è lo strozzino del paese. Quando una delle azioni dell’uomo lo fa finire in manette, la bambina viene portata via dal paese, e allontanata quindi da Anselmo. Ma questi, crescendo, non ha mai dimenticato quella tenera amicizia infantile; così come non ha dimenticato quello che è convinto sia stato il lavoro di suo padre, di cui è deciso a seguire le tracce: anche grazie all’aiuto del fabbro locale, che gli costruisce un’armatura, l’uomo si trasforma così in Copperman, un improvvisato supereroe che prova a sanare le ingiustizie del paese.

Prova ad affrontare l’autismo da un punto di vista diverso dal solito, Eros Puglielli (da un ventennio nome portante del cinema di genere italiano), mescolando in Copperman la riflessione sulla diversità, un ritratto agrodolce della vita di paese (coi suoi rituali, le sue sicurezze ma anche le sue storture) e una rivisitazione del cinema di supereroi in stile Marvel. Un insieme molto eterogeneo di stili, che tuttavia il regista romano riesce a tenere insieme grazie alla naturale empatia suscitata dal suo personaggio, prima outsider solitario che trova un complemento in una bambina a lui affine, poi Peter Pan mai cresciuto, convinto che la sua missione sia quella di aiutare i più deboli. Narrato in flashback da un Anselmo adulto (a cui presta il volto Luca Argentero) Copperman si divide quasi plasticamente in due parti: prima l’infanzia del protagonista, narrata con tono lieve e surreale che a volte rimanda a Il favoloso mondo di Amélie, poi il suo periodo adulto, in cui il film si mantiene in equilibrio tra l’esplorazione della disabilità e una declinazione (molto) nostrana del film di supereroi.

Non cerca mai il tono strettamente realistico, Copperman, preferendo piuttosto restare nei territori della favola contemporanea, infarcita comunque di elementi che rimandano a una realtà spietata – filtrata attraverso lo sguardo di un personaggio sui generis, che ha mantenuto nel suo agire la purezza dell’infanzia. Il film di Puglielli fa un’affettuosa rivisitazione, più che una riproposizione tout court, del cinema supereroistico americano, ponendone il materiale in un contesto più piccolo, quello di un paese di provincia che ha mantenuto per il protagonista quell’alone di magia, e di stralunato affetto, che lo caratterizzava e lo nutriva durante i suoi anni infantili. Il messaggio sembra essere quello che uno sguardo (neuro)diverso possa davvero rivelarsi salvifico – fisicamente e metaforicamente – per un’intera comunità, e che a volte la fiducia incondizionata nel trionfo della giustizia – unita a qualche piccola parola magica urlata al momento giusto – possa sconfiggere il cattivo di turno. Tutto questo, senza nascondere, ma anzi rendendo sempre più evidenti le peculiarità della condizione del protagonista (persino più visibili nella sua versione adulta che in quella infantile) le sue difficoltà ma anche la sua ostinata, candida quanto determinata motivazione.

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